venerdì 25 luglio 2008

Recensire un libro.

Noi uomini siamo portati, per indole e per bisogno, a dare giudizi su qualsiasi cosa. Siamo tutti recensori, quindi. In questo caso, però, così come in tutti gli altri, ci sono profonde differenze fra un dilettante ed un professionista.
Scrivere un libro non significa semplicemente mettere tante parole insieme per creare una storia, un idillio, un qualcosa che poi possa essere pubblicato per l'effimero guadagno personale.
Scrivere un libro significa anche condividere le proprie esperienze, le proprie impressioni, le proprie impressioni ad altri.
Non viviamo forse nella continua speranza di trasformare i sogni in ricordi? Il "sogno" può essere rappresentato come un bel momento sedimentatosi nella nostra memoria, e che vogliamo trasmettere, condividere con altri. Questo è un meccanismo a cui tutti siamo soggetti, nessuno escluso.
Il discorso varia quando queste emozioni dobbiamo trasmetterle nel campo della professione: quando cioè dobbiamo passare dal giudizio personale a quello colletivizzante, dal piacere (individuale) alla tecnica (collettiva).

Il critico letterario.

Un critico letterario non legge (per poi recensire) soltanto quello che lo attrae (e quando ciò avviene è pura e ben accolta coincidenza, o almeno si spera), ma legge soprattutto libri di cui non conosce nulla, se non l'autore (e non sempre) e la casa editrice: che - comunque - rappresentano già due solidi pilastri entro i quali confinare almeno un'idea di ciò che lo aspetta. In questo momento, il nostro critico letterario non è solo un lettore (che solo a se stesso deve rendere conto di una suggestione e di un piacere intuito ed eventualmente confermato al termine della lettura), ma soprattutto un "tecnico": un professionista della lettura e, di conseguenza, provoca la partecipazione di altri al suo giudizio. Un giudizio che, ricordiamocelo, è destinato soprattutto ad un livello commerciale/economico: non è casuale che le case editrici "gareggino" per dare visibilità alle opere che pubblicano grazie a delle buone recensione, che hanno una valenza superiore rispetto alla pubblicità. Dunque, la recensione può essere anche intesa come uno strumento (ovviamente imperfetto) che può essere corrotto nel pieno della sua purezza. Teniamo in conto un primo fattore che è quello della mancanza di obbiettività assoluta da parte di ogni essere umano e teniamo in conto anche la corruzione che attanaglia la nostra società. Allora non parliamo più di un semplice parere che è stato reso pubblico alla partecipazione di ognuno di noi, certo che no. In questo caso la recensione è diventata uno strumento corrotto volto a valorizzare i pregi dell'opera, mistificandone i difetti e nascondendoli. In poche parole: il recensore può essere pagato affinché intervenga con un parere positivo sul libro (che può essere di per sé un'opera mirabile oppure una vera e propria schifezza) al solo scopo di incrementarne il flusso di vendite.

Cosa deve fare un bravo critico? (dieci punti per "imparare" a recensire un libro).

1) Il libro deve essere letto per intero. Qualcuno dirà che questa si tratta di una indicazione lapalissiana, ma monsieur Lapalisse è spesso sconosciuto a molti recensori che si accontenta di leggere qualche pagina per poi chiedere lumi sulla storia ha chi ha già letto il libro. (che schifo! Non mi ridurrò mai così).

2) Individuare l'idea base del libro, tagliando quindi fuori "organi" che, seppur vitali, non saranno mai in grado di trasmetterne l'essenza. Mi spiego meglio: "l'anima" de I promessi sposi è il concetto di divina provvidenza, mentre quella de I miserabili di Victor Hugo è rappresentata dalla sostanziale differenza fra miseria (condizione mentale) e povertà (condizione economica).

3) Dopo aver individuato "l'anima" del libro, bisogna cercare di comunicare al lettore non l'idea che si è fatto di essa, ma proprio l'anima stessa del libro: quella che ha spinto vari scrittori a scrivere diversi romanzi.

4) Sviscerata l'anima, si passa al contenuto della storia, raccontando in breve la vicenda, l'ambientazione e i personaggi. Attenzione: questa è un'operazione molto delicata, perché bisogna stare attenti a rifuggire dalla subdola trappola del banale riassuntino scolastico. Non bisogna cercare di narrare tutta la vicenda, ma solo i suoi contorni essenziali attraverso i personaggi principali, evitando così di svelare dettagli rilevanti per il corso della trama perché, altrimenti, rovineremmo la lettura a chiunque volesse comprare il libro.

5) Da dove si parte? Facile: dall'elemento "forte" della storia. Nel caso de I promessi sposi l'incontro di Don Abbondio con i "bravi" potrebbe essere una buona idea, successivamente si torna indietro da dove si era partiti per poi dipanare la matassa della storia, affrontando i vari personaggi ed evitando di fare "letteratura". Ricordiamoci che il lettore vuole leggere la storia scritta dall'autore, non dal recensore.

6) Per ciò che concerne la forma, se si conosce l'autore, la si analizzerà confrontandola con i precedenti scritti se invece è sconosciuto, bisogna cercare di cogliere elementi positivi - quali i moduli narrativi utili e la capacità dell'autore di risultare originale presentando un racconto ricco di elementi di novità -, ma anche quelli negativi: la piattezza del linguaggio, le imitazioni indecorose ecc.

7) Esistono anche i libri di poesie e anch'essi vanno recensiti, ma tale genere letterario richiede un recensore "culturalmente attrezzato" per un alto livello di sensibilità.

8) C'è anche il saggio, il "no-fiction" che risponde a ben altri criteri di valutazione: l'aspetto emotivo in questo caso è praticamente inesistente, e dunque l'interesse del critico si deve focalizzare sui contenuti e sulla capacità dell'autore di veicolare i concetti attraverso una forma semplice e diretta (a meno che non si tratti di un'opera destinata ad un pubblico già preparato specificatamente anche a livello lessicale: un esempio è costituito da testi universitari, trattati accademici ecc.).

9) Al termine della recensione (sia che si tratti di un romanzo, di un saggio o di un libro di poesie) il critico esprimerà il suo giudizio personale: dichiarerà se il libro gli è piaciuto o no. Ma, soprattutto, motiverà il questa sua opinione perché è un "tecnico".

10) Il punto finale: il lettore riconosce l'autenticità di una recensione, ne "percepisce" la puzza dell'imbroglio. (sì, in questi casi hanno un fiuto da cane!).
Se quindi il recensore cercherà di spingere a tutti costi un libro, esaltandolo e presentandolo per qualcosa che, in realtà, non è, il lettore si accorgerà subito di questa bieca operazione e il critico perderà ogni credibilità. (poverino!).
Ed è per questo che essere un buon critico significa - soprattutto- essere onesti col lettore (e con se stessi). Perché, in caso contrario, non si è più credibili. E ci si trasforma da critici in vermi, che per un pugno di soldi sono disposti a svendere il proprio parere (e, di conseguenza, anche la loro credibilità) "truffando", in un certo senso, il lettore. (ma che cattiveria!).

Lo Sparviero non perdona! È pronto a punire tutti i recensori cattivi cavando loro gli occhi dalle orbite e non è una cosa piacevole, garantisco io!

Per ora è tutto, spero di essere stato abbastanza chiaro.


19 commenti:

Neurox66 ha detto...

Ciao,
sei abbastanza chiaro e preciso nel dire cosa deve fare un critico, a parte qualche vistoso errore di battitura. Peccato che questa è teoria, ci sono fior di critici che lavorano per pilastri, come li definisci tu, di case editrici che potrebbero cambiare mestiere senza che il mondo del libro ne risenta! Sarò stato sfortunato ma in vita mia non ho mai incontrato critici come li hai descritti tu, io ho incontrato solo gentaglia che mi ha fatto passare letteralmente la voglia di scrivere per qualche anno, prima che mi rendessi conto che questi erano dei falliti che riversavano sugli scrittori le loro frustazioni. Una soddisfazione è comunque vedere gente come Gamberetta che taglia le gambine a chi se lo merita e obbliga altri a scrivere e due, scoprire che i famosi critici che avevano rotto le "rotule" a me han cambiato mestiere :) ma io sono ancora qui che scrivo!
Pace e libri a tutti!

Lo Sparviero ha detto...

Neurox: Benvenuto!
Io ho descritto quello che deve fare un (buon) critico, tuttavia il discorso che riguarda coloro che scrivono recensioni che influiscono, in qualche modo, sull'anima del libro è soprattutto per coloro che si avvicinano per la prima volta a questo "mondo".
Ovviamente io so poco in materia di critica e recensioni e per scrivere questo articolo mi sono fatto aiutare da un mio professore cghe è anche un critico e he già ha avuto qualche esperienza nell'ambito dell'editoria!^^
Grazie di essere passato. Pace e libri anche a te! ;)

Valberici ha detto...

La vera domanda è: ma serve a qualcosa un critico letterario ?

Io, se devo essere sincero, mi fido molto di più del parere degli amici.
Naturalmente di quelli che so avere gusti simili ai miei. ;)

Comunque un grande critico (Samuel Johnson) diceva che non occorre mangiare tutto il bue per sapere che la carne è dura.
Personalmente dopo due capitoli capisco quasi sempre se un libro mi piace o no.
Però è anche vero che per effettuare una critica completa occorr leggerlo tutto.
Ma ritorniamo alla domanda iniziale: serve davvero che qualcuno ci dica "perchè" un libro è brutto?

Detto questo aspetto impaziente la seconda parte di questo interessante post :)

Neurox66 ha detto...

Si, il critico serve, se le motivazioni che lo spingono sono oneste. Perchè è quello che dovrebbe fare capire all'autore quegli errori che magari gli amici non sono in grado di vedere o di dire. Purtroppo come tutti i mestieri c'è che prende il proprio lavoro seriamente e lo porta a termine con passione e c'è invece chi lo va perchè non ha niente di meglio o di peggio da fare e purtroppo lo fa nei peggiori dei modi. Ma questo discorso vale per tutti i mestieri dal panettiere al pasticcere, dal tassista all'impiegato e via discorrendo.

Bye

Lo Sparviero ha detto...

Valberici: Sono assolutamente d'accordo con Neurox: un critico serve se le motivazioni che lo spingono sono oneste. Certo, è bello potersi fidare dei propri amici e sentire il loro parere. Ma tale parere spesso può essere... "gonfiato", voglio dire che un amico potrebbe dirti che il tuo libro è bellissimo solo perché ti conosce! Inoltre un critico onesto è più esperto in letteratura e può anche aiutarti a capire bene dove sbagli e in che modo puoi migliorarti. ;)
Purtroppo non concordo del tutto col parere del signor Johnson. È vero che non serve divorare tutto il bue per capire che la carne è dura, ma... un libro non è un bue! Un libro ha molteplici "sapori" che devono essere "gustati" completamente. :)

Valberici ha detto...

Supponiamo che il critico sia figura necessaria ed utile.
Se così fosse mi viene sponteneo chiedermi perchè grandi scrittori del passato siano riusciti a scrivere splendidamente senza avvalersi di tale figura.
Alcuni furono addirittura ignorati o ammpiamentte sottovalutati, ad esempio Cervantes.
Mi domando se uno scrittore, che oggi proponga qualcosa di veramente innovativo, possa essere compreso da un critico "esperto", che si affida alla sua conoscenza del passato letterario e delle tecniche di scrittura.
E tutto questo "bisogno" di editor, critici, manager, editori e quant'altro non nasconde, forse, la pochezza di molti scrittori odierni ?

Forse che un Ariosto, un Alfieri, un Goethe avevano bisogno di un editor ?

Son domande che mi pongo, non ho risposte certe.
Però a volte temo che nell'arte avvenga oggi ciò che già da qualche tempo succede nell'artigianato.
Non so se vi è mai capitato di chiamare un idraulico, che si rivela incompetente, e crede di aver imparato il mestiere solo perchè ha fatto per due anni l'operaio in una ditta che produceva lavandini.
Allo stesso modo mi pare che molti scrittori si mettano a scrivere ignorando le regole basi.
E non parlo di chissà quali tecniche ma, molto più banalmente, di grammatica e ortografia.
Purtroppo viviamo in un tempo in cui si spaccia per arte il decoupage realizzato dalla casalinga di Voghera. :(

Lo Sparviero ha detto...

Allora, Valberici. Qui il punto non è se la figura del critico è utile o meno, il punto è cosa deve fare per svolgere al meglio il suo lavoro.
Sono d'accordo con te quando affermi che non deve essere per forza necessario, il problema è che ormai viviamo nella società dei mass media. Una società dove regna la pubblicità e quindi recensione=pubblicità.
Ormai la gente non pensa ad altro! Come ho già detto: noi per indole siamo portati a giudicare qualsiasi cosa. Tuttavia alcune persone hanno reso pubblico il loro giudizio alla partecipazione delle altre persone e questo gli ha fornito un'occupazione.
È Anche vero che molti scrittori hanno iniziato scrivere ignorando (volutamente) le regole base dell'ortografia e della grammatica, basti pensare a uno dei principali principali esponenti del Verismo: Verga.
La figura dell'editor è nata esclusivamente per correggere (in maniera limitata, ovviamente) un romanzo prima della pubblicazione. Forse i grandi scrittori del passato ne avranno fatto a meno, ma ormai non siamo più nel passato, viviamo nel presente. L'editor ha il compito di limare le imperfezioni del libro, stando attento a non riscriverlo a proprio piacimento.
L'editor, il manager e il critico (anche se in misura minore)non sono altro che parassiti che vivono del lavoro dello scrittore, mi capisci?
Dico che il critico è un parassita in misura minore perché tutti dovremmo avere il diritto di esprimere le nostre opinioni. Il critico non fa altro che esprimere la sua rendendola pubblica. Tale opinione non è legge! Questo mi pare chiaro. Chi decide di fidarsi o no del parere del critico sei solo tu. ;)

Valberici ha detto...

Capisco il "punto" ma sto cercando di allargare un po' il discorso ;)
Non ti sembra che le figure da me elencate abbiano preso un po' troppo piede?
Forse il darsi troppa importanza non è un buon modo per fare il critico.
Forse scrivere recensioni (nessun riferimento) come se si elencassero i dieci comandamenti non è un buon modo di recensire.
Quello che mi chiedo è se l'umiltà debba far parte del "bagaglio" di un buon critico ;)

Domanda (apparentemente del tutto OT):

Non trovi che più di cinquantamila libri pubblicati in un anno, nella sola italia, siano un pò troppi ?

p.s.: leggi Pan di Dimitri, è un libro molto bello...poi potresti provare a recensirlo ;)

Lo Sparviero ha detto...

Okay, ma non tutti i critici si danno importanza. Ce ne sono ancora (pochi) che restano umili. Un buon critico non va a dettare i "Dieci Comandamenti", un buon critico procede per punti. Non meccanicamente, questo è ovvio, un critico è libero di interpretare i vari passaggi di questo procedimento come meglio crede.
Pan? Potebbe essere il mio prossimo acquisto, stiamo a vedere! ;)
Potrei anche provare a recensirlo, sì. Grazie del consiglio!
P.S. Ho letto la nuova parte del racconto e devo dire che mi è piaciuto molto il modo in cui hai impostato Sanctuary. È abbastanza credibile, ma, soprattutto, è molto "futuristico" e particolare!^^
I miei vecchi video ti hanno ispirato?

Valberici ha detto...

I tuoi video mi hanno ispirato per qualcos'altro....che prima o poi posterò ;)

Lo Sparviero ha detto...

Valberici: Bene, non vedo l'ora di scoprire che cos'è. ;)

alladr ha detto...

uhm, questo tuo post non mi è piaciuto granché: il salire in cattedra su come si dovrebbe o non dovrebbe fare una cosa mi ha infastidito.
ma non commento, ovviamente, per dirti questo (magari sono io che ho le mie cose... :)).
mi hai fatto venire in mente la differenza tra critico e recensore.
i metodi del critico (puoi leggere qualcosa di maria corti, credo) sono finalizzati a una disamina dell'opera e sono spesso influenzati da un preciso background culturale e teorico (tipo la psicanalisi, il materialismo marxista, la religione).
il critico è un esploratore che lancia uno sguardo "viziato" ad un amateria, il suo unico dovere è quello di chiarire bene quali sono i suoi vizi (quale impianto teorico ha alle spalle) e muoversi secondo le regole dei suoi vizi dichiarati.
il lavoro del critico serve relativamente poco ai lettori, i quali si rivolgono soprattutto al recensore, il cui scopo non è sviscerare un'opera ma aiutare i lettori a capire se quell'opera potrebbe essere di loro interesse. e forse di recensione volevi parlare.
ma anche la recensione, in parte, si sottrae al tuo decalogo: il recensore non ha bisogno di spiegare che il senso profondo del signore degli anelli è il tema cristiano della rinuncia; il suo primo scopo è esattamente il temino delle scuole medie: chi fa che cosa, come, perché. dovrebbe avvisare degli spoiler, ne convengo, ma si tratta solo di un riguardo nei confronti dei lettori.
in quest'ottica, la recensione è il testo di un amico: non esiste la recensione universale non solo perché ad alcuni piace sapere come va a finire la storia prima di leggerla, ma anche perché il tipo di informazioni che ogni lettore desidera dai propri recensori cambia: il duca di baionette librarie è probabilmente un ottimo recensore per quanto riguarda gli aspetti tecnici e bellici, ma non credo che mi basterebbe una sua recensione per decidere se davvero un libro mi piace o no. gamberetta è divertente e molto accurata, ma non attribuisce alcuna importanza all'hype di un libro, il suo non-storia, il suo stile, il suo feeling (e, se ci sono e sono quelli giusti, me ne sbatto se ci sono delle incongruenze). e con questo non intendo squalificare né l'uno né l'altra: solo che recensire un libro è un'operazione comunicativa e non informativa, è quindi molto personale. credo che sia riduttivo stilare una lista di cose da fare e non fare.
prendi un'altra attività comunicativa per eccellenza: il sesso. davvero avresti il coraggio di stilare un decalogo di quello che si dovrebbe o non dovrebbe fare? (una volta consenzienti, liberi e sicuri...)

@valberici: gli editor servono, come i recensori. sono esattamente come gli amici, che ti dicono dove sbagli e come migliorare quello che hai scritto, ma dovrebbero farlo professionalmente e questo non sempre accade.

forfettarie scuse per solita verbosità.

Anonimo ha detto...

Complimenti per il post, sei stato molto esauriente. Grazie a te ho trovato la soluzione ai mie problemi, Thanks...

Lo Sparviero ha detto...

Prova: Prego, ma... si puo' sapere chi accidenti sei? XD

Anonimo ha detto...

Grazie, mi sei stato di aiuto.
Io sono negata per la critica e la recensione (e anche i riassunti, veramente) ma, da quando mi sono iscritta ad Anobii, mi è venuta voglia di scrivere almeno quattro righe decenti sui libri che leggo! E sto cercando di imparare.
A me i commenti degli altri lettori sono molto utili e vorrei - per ciò che posso - essere anch'io utile ad altri.
Grazie di nuovo,
Umberta

Anonimo ha detto...

Ehm, dimenticavo: spero che non ti dispiaccia, ho messo sul mio blog il link a questa pagina.
Se ti dispiace, lo tolgo.

Sario Laveneziana ha detto...

Ho trovato il tuo blog per caso e, beh, ho fatto una grande scorpacciata di tuoi post. Davvero interessanti! Complimenti, c'è davvero cura.
Ti seguirò, anche perché io scrivacchio e mi interessa quello che dici.
A bientot!

Luigi Polito ha detto...

Una recensione regalo x tutti voi da Paola Catalano..............
"Il banco sopra la cattedra" è un romanzo-documento che nasce sul campo, narrato direttamente dai veri protagonisti dei luoghi dell'apprendere: gli studenti che attraverso le loro storie, tristi, divertenti, drammatiche, reali e a volte fantastiche svelano gli inganni e i pregiudizi che quotidianamente vivono nell'università e nella scuola. Un'analisi incisiva e minuziosa che mostra le incongruenze del mondo dell'istruzione, percepito come statico, ottuso, falsamente democratico ed espressione di forti disuguaglianze. Oggi come ieri, il sistema dell'istruzione rimane ancorato al cordone ombelicale del potere politico, che lo usa come mezzo di diffusione della propria ideologia, sprecando un capitale umano indescrivibile, potenzialmente rivolto al miglioramento della società.

maldimaldive ha detto...

"per poi chiedere lumi sulla storia ha chi ha già letto il libro."

mi sa che che c'è qualcosa che non va..